
Mediterraneo: per chi nel mare vede un’ultima speranza
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Nel Mediterraneo, a poche decine di chilometri dalle coste italiane, è annegato il futuro di migliaia di persone che cercavano una vita più sicura in Europa.
Milioni di persone sono costrette, ogni giorno, ad abbandonare le loro case, il loro paese, i loro affetti. La guerra, la povertà estrema, i cambiamenti climatici, sono tra le principali cause di questa fuga dalla propria terra.
Molte di queste persone, vedono nel mare l’ultima speranza.
Per salvare vite costrette a fuggire, dal 2015, Medici Senza Frontiere svolge attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Dal 2021, lo facciamo a bordo della nave Geo Barents.
Abbiamo assistito oltre 81.500 uomini, donne e bambini che rischiavano la vita. Dopo il soccorso, le nostre équipe forniscono un supporto psicologico e cure mediche ai sopravvissuti dei naufragi.
Queste persone, intrappolate tra la Libia e il mare, provengono da diversi paesi che soffrono a causa di conflitti e povertà, come Siria, Eritrea, Sudan, Nigeria e Bangladesh.
Gli orrori subiti da migranti, rifugiati e richiedenti asilo in Libia, sia prima di tentare la traversata del Mediterraneo, sia dopo i rimpatri forzati, sono inimmaginabili:
“Al confine libico, durante la notte, le persone che ci guidavano ci hanno violentato. Ci hanno anche sparato, ci siamo disperse, ci siamo perse e ci siamo ritrovate con due bambini che non parlavano francese, senza le loro madri, che erano scomparse. […]” (Christelle – Sopravvissuta dalla Nigeria)
“Mi hanno picchiato molto, tutti lo fanno. Fino a farti svenire. Fino a farti crollare. […] Dicevo: “Dio ti prego aiutami. Se la Nigeria fosse sicura, non sarei qui. Preferirei morire in mare piuttosto che essere riportato nei centri di detenzione libici””. (Sopravvissuto dalla Nigeria – 25 anni)
Il viaggio in mare mette ulteriormente alla prova le persone già stremate dalle torture subite in Libia. Partono con barche o gommoni, spesso poco sicuri, sperando di trovare la salvezza. Per diversi giorni restano completamente esposte al sole, con poche scorte di cibo e acqua:
“Per la disperazione abbiamo iniziato a bere acqua di mare, provando a filtrarla con i vestiti. L’abbiamo mischiata con il dentifricio per addolcirla e abbiamo bevuto l’acqua del motore pur di cercare di sopravvivere”, racconta un ragazzo siriano sopravvissuto.
Molti bambini e donne non riescono a superare le difficoltà del viaggio e i loro familiari sono costretti ad abbandonare i loro corpi in mare.
Le condizioni che devono affrontare queste persone sono ancora inaccettabili. Il Mediterraneo centrale resta una delle rotte migratorie più letali al mondo.
A peggiorare la situazione le nuove leggi in tema di migrazione, che hanno limitato le capacità di soccorso in mare.
Cambiare queste politiche migratorie mortali non è solo necessario, ma anche possibile. Nessuno può scegliere in quale parte del mondo nascere, ma tutti dovrebbero avere il diritto a una vita migliore. Senza rischiare di perderla in mare.
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