Petizione creata da:
Giovanni Rubattu e diretta a Scopri di più
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L'introduzione del nuovo codice del commercio della regione Toscana sta provocando una serie di ripercussioni che investono tanti piccoli mercatini artistici e rurali del territorio. Ci riferiamo a tutte quelle esperienze di carattere creativo e intellettuale, caratterizzate dalla massima manualità. Realtà ampiamente riconosciute e regolamentate in diverse città italiane attraverso la creazione di un apposito “registro degli OPI” (operatore del proprio ingegno). Noi rappresentiamo una realtà che custodisce e preserva per le generazioni future l'artigianato manuale e artistico. Siamo l'anima e l'essenza che trasforma materie prime naturali o semilavorate in oggetti d'uso e/o artistici. Coltiviamo da sempre un'organizzazione del lavoro individuale e/o familiare e ricaviamo sostentamento con la vendita diretta dei nostri manufatti nel luogo di produzione o in mercati specifici e/o tradizionali.
Ideazione, creazione e vendita diretta sono elementi inscindibili del nostro lavoro. E' l'auto-lavoro che organizza liberamente i modi e i tempi per l’attività lavorativa, un lavoro in proprio che non è attività d’impresa. Gran parte della nostra produzione avviene nelle nostre abitazioni o in laboratori in zone non di pregio, per questo riteniamo necessario poter accedere liberamente (con la sola domanda di concessione di suolo pubblico) ai nostri mercati tradizionali. Non siamo imprenditori artigiani così come definito dalle leggi sull'artigianato, non facciamo cioè lavorazioni in serie, standardizzate, automatizzate. Il nostro lavoro non contempla lo sfruttamento altrui e non si identifica con quel sistema di crescita forsennata stabilito dal sistema economico attuale, perché tale sistema opprime lui stesso, la sua attività e soprattutto la sua creatività. Il nostro lavoro non è improntato a produrre tanto nel minor tempo e costo possibile. Non usiamo capitale per produrre altro capitale, per questo, l'impresa anche quando artigiana è diversa dall'artigiano manuale. Non possiamo essere equiparati a chi compra e rivende beni, chi produce un bene non fa il commerciante, vende la sua opera (ignorare questo passaggio è la sorgente dell'ambiguità attuale). Equiparare il nostro lavoro all'impresa, con identici oneri burocratici e contributivi, finirebbe con il cancellare lavori, sapere, culture. I nostri mercatini raccontano le civiltà passate, le arti dei mestieri manuali che hanno attraversato la vita e la storia dell'uomo, oltre che essere precursori di tecniche di lavorazione per le nuove materie, che qualcuno potrà sviluppare anche in processi industriali.
Lanciamo questo appello a Enti e Istituzioni per scongiurare la progressiva cancellazione di questo sapere, fermarne la progressiva emarginazione e favorire una forma concreta di riconoscimento.
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