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Riforma Forense
I punti della riforma, analisi e criticità
Con l'emanazione e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei decreti attuativi della
L. 31 dicembre n.247/ 2012 , si sta concludendo l'iter per la riforma forense.
Tale riforma prevederà, per i praticanti:
• Modalità di esame per l'abilitazione all'esercizio della professione forense più
complesse, con la riduzione da sette ore a sei ore per la redazione dei pareri e
dell'atto scritto e il divieto, posto ai candidati, di portare con sè i codici commentati, in modo da porre ulteriori difficoltà nella ricerca e formulazione
dello scritto medesimo;
• La previsione di una obbligatoria iscrizione e frequenza a corsi di formazione,
a pagamento, tenuti dai rispettivi Consigli dell'ordine, dal Consiglio Nazionale Forense, dalla Scuola Superiore dell' Avvocatura e dalle associazioni forensi
nonchè da altri soggetti previsti dalla legge, secondo il modello fornito dal
Consiglio nazionale Forense, nel relativo parere conforme, per una durata minima di 160 ore distribuite in maniera omogenea nell'arco dei 18 mesi di
tirocinio;
• Un numero limitato di iscrizioni a tali corsi di formazione, da valutare con test
d'ingresso, ed un eventuale sbarramento iniziale tramite votazione riportata al
termine del corso di studi;
• Verifiche intermedie del profitto con relativo superamento o meno in
riferimento alla valutazione;
• Soppressione della figura del praticante avvocato abilitato;
• Verifica finale del corso di formazione consistente nella simulazione
dell'esame di Stato di cui all'art 46 della legge professionale;
• Rilascio della certificazione al completamento del corso e possibilità di
accesso, condizionata al positivo superamento dei predetti singoli vagli,
all'esame di Stato per l'esercizio della professione forense.
Tale normativa presenta evidenti criticità quali:
• L'introduzione di uno sbarramento post-lauream, con la previsione di una
cernita primaria in base alla votazione riportata (con un evidente difetto di oggettività, poichè non tiene conto della provenienza dei laureati anche da
università telematiche), ed un test d'ingresso ai corsi di formazione, a
differenza di altre facoltà che hanno istituito uno sbarramento preliminare in età compresa tra i 18 ed i 19 anni e non al termine di un percorso di studi;
• Una continuazione degli studi dopo l'università, con relativa iscrizione, con
l'unica finalità di lucrare ulteriormente sugli studenti e precludere l'accesso ai
meno abbienti. Ciò è ulteriormente confermato dalla durata esigua dei corsi in relazione all'ampiezza delle materie trattate (160 ore : 18 mesi = 9 ore circa di
lezione al mese). Invero questo dato fa comprendere come, ad oggi, non vi sia
stato alcun intervento normativo mirato a migliore la preparazione del
praticante;
• Un prolungamento degli studi post-lauream, con relative verifiche, tale da
ritardare ulteriormente e intenzionalmente l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro;
• Mancanza di chiarezza sui criteri di valutazione delle relative prove, che
porterebbero altresì a creare gravi pregiudizi ed evidenti discriminazioni verso
gli studenti, con rischio di influenzare le rispettive commissioni;
• L'imposizione di una verifica finale ai corsi di formazione che, a tutti gli
effetti, è una mera duplicazione dell'Esame di Stato. La positiva valutazione di tale verifica sarà altresì condizione indispensabile per il superamento del corso
di formazione e per l'accesso all'Esame di Stato per l'esercizio della professione
legale;
• La volontà, dei relativi Consigli dell'Ordine, di creare ostacoli e sbarramenti
alla professione per le future generazioni, mirando a disincentivare l'ingresso
dei giovani per l'eccessiva onerosità economica e per la difficoltà degli studi;
• L'eliminazione della figura del praticante avvocato abilitato, ad opera della L.
n. 247/2012, che fino ad ora era prevista al termine del primo anno di tirocinio (di due anni), permettendo al praticante, che avesse prestato giuramento, di
poter patrocinare limitatamente dinanzi al Giudice di Pace ed al Tribunale in composizione monocratica, sostituendo tale figura con quella del praticante che
è abilitato dopo sei mesi solo a sostituire il dominus nelle sue cause, non
potendo minimamente seguire i propri assistiti e senza prevedere nemmeno un compenso per tale attività di sostituzione in udienza;
• La previsione di un Esame di Stato per diventare Avvocato con i connotati e le
difficoltà di un concorso pubblico in Magistratura o Notariato, ma che con
queste nulla ha a che vedere in quanto il praticante avvocato non può considerarsi un dipendente pubblico e non avrà diritto alle stesse retribuzioni
previste per Notai e Magistrati ed anzi sarà destinato ad un futuro di precarietà.
Trattasi infatti semplicemente di una abilitazione per l'accesso alla professione!
• Nelle università vi è l'utilizzo dei codici commentati, così come presso gli
studi legali dove si fa pratica, ciò accade sin dagli anni '80 in quanto si riteneva
che questo metodo permettesse di avere una maggiore conoscenza della materia, con uno studio approfondito degli orientamenti e dei ragionamenti
delle sentenze. Con la previsione di un esame di Stato privo di codici commentati si avrà una discontinuità nel metodo di studio al solo scopo di
porre ulteriori ostacoli ai candidati;
• Le differenze che intercorrono tra la facoltà di Giurisprudenza e le altre facoltà,
che non prevedono simili calvari per gli studenti che escono dalle Università
(basti pensare alla recente riforma riguardante la professione medica);
• Nessuna Università e nessun Consiglio dell'Ordine ad oggi hanno rispettato
quanto disposto in precedenza, ovvero il garantire la possibilità per gli studenti di poter iniziare il periodo di praticantato 6 mesi prima della laurea, e ciò con il
chiaro intento di far subentrare in ritardo i neolaureati nel mercato del lavoro.
Si riconosce quindi, nel legislatore, l'intento di precludere e restringere ulteriormente
l'acceso alla carriera forense delle nuove generazioni.
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