Dottoressa, prego!

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Erika Zanotti

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Dottoressa, prego!

[em]Cari rettori? Sì, esatto: cari, e non magnifici.[/em] [br] Cari perché vorrei che in questa circostanza vi dimostraste vicini ad una esigenza che sento fondamentale per il rispetto della nostra identità: l?esigenza - oltreché il piacere - di potermi riconoscere ed identificare, appunto, nel leggere sul diploma di laurea il titolo di studio così orgogliosamente conseguito. [br] Non screditate questa richiesta tacciandola semplicisticamente di femminismo asettico. Si tratta di una questione che mi piace definire di ?formalismo sostanziale?. [em]Formalismo[/em], perché la denominazione del titolo di ?dottore? costituisce una convenzione. Una convenzione, però, che - a differenza ahimè di molte altre diciture - prevede nella sua declinazione entrambi i generi, e ormai da tempo consolidato; perciò, così come, se si indica al femminile un referente maschile, si compie un errore, allo stesso modo si compie un errore se si indica al maschile un referente femminile: in nessuno dei due casi ci si potrà riconoscere nel termine adottato; altrimenti mi si concederà di cambiare il saluto iniziale, anche per i rettori di sesso maschile, con ?care e magnifiche? ? [em]Sostanziale[/em], per via delle valenze non banali che le parole assumono a livello identitario.[br] A questo proposito, sono fermamente convinta che i primi a tradire il valore dell?identità femminile - così faticosamente ricercato per generazioni - siano tutti quanti sostengano di dover mantenere al maschile, anche per le donne, qualsiasi carica di rilievo, ciò per evitare di sminuirne l?importanza: è questa stessa affermazione [i]in primis[/i] a sminuirci. Sono altrettanto convinta, inoltre, che non si tratti neanche di ?pura formalità?, fatto che peraltro andrebbe in controtendenza rispetto alla conclamata esigenza di combattere l?imperitura moda italiana del burocratese (di cui faccio volutamente ? e neanche eccessivamente - sfoggio in questa mia?). [br] Si tratta in entrambi i casi di trabocchetti mentali e culturali da cui tenersi - con mente attenta e vigile - a debita distanza, perché finché si avrà difficoltà a pronunciare delle ?semplici? parole, dubito potrà attuarsi una effettiva rivoluzione culturale e sociale in grado di far comprendere una volta per tutte che la vera uguaglianza sia da ricercarsi non nell?essenza delle persone (?belle perché varie?), ma nella garanzia dei loro propri diritti. [em]Partiamo tutti insieme dalle piccole cose per crearne di grandi?[/em]

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Dottoressa, prego! 10/03/2008 | firmiamo.it

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