
Al Presidente della Repubblica: Il nostro tempo è adesso!
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massimiliano rebuffo
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petizione
Vorrei vivere in uno stato fondato sul lavoro.
Vorrei vivere in uno stato che riconoscesse a tutti i cittadini il diritto al lavoro.
Vorrei vivere in uno stato che promuovesse le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro.
Vorrei avere la possibilità di svolgere, secondo le mie possibilità e la mia scelta, un'attività o una funzione che potesse concorrere al progresso materiale e sociale del mio paese.
Vorrei un lavoro dignitoso che assicuri la mia indipendenza economica, mi consenta di lavorare sicuro, di avere una progressione professionale e di avere in futuro una pensione.
Vorrei avere una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del mio lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a me e alla mia famiglia un'esistenza libera e dignitosa
Vorrei che le donne lavoratrici avessero gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che hanno gli uomini.
Vorrei che le condizioni di lavoro potessero consentire alle donne del mio paese di scegliere di essere madri.
Vorrei per i giovani migranti un lavoro dignitoso e vorrei che non diventassero clandestini quando lo perdono.
Vorrei che la precarietà fosse bandita dal paese.
Vorrei non essere precario a vita.
Vorrei vivere in un paese dove le dimissioni in bianco fossero proibite.
Vorrei non chiedere favori o raccomandazioni per avere un lavoro.
Vorrei che milioni italiani scendessero in piazza sventolando il tricolore che è la bandiera della Repubblica Italiana per chiedere con forza , citando le parole dette il 26 gennaio del 1955 da un maestro indimenticabile, uno dei padri della nostra costituzione, Piero Calamandrei:
“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti, dare a tutte le persone la dignità.
Soltanto quando questo sarà raggiunto si potrà veramente dire che la formula contenuta nell'articolo primo “l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” corrisponderà alla realtà.
Perchè finacchè non c'è la possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica.
Perchè una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto ma ci sia soltanto una uguaglianza di diritto è una democrazia puramente formale.
Non è una democrazia in cui tutti i cittadini siano messi in grado di concorrere alla vita della società di portare il loro miglior contributo in cui tutti i cittadini possano contribuire a questo cammino a questo progresso di tutta la società”.
Torino, 9 aprile 2011
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