
Afghanistan: in una settimana più di 7000 pazienti nei nostri ospedali
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Medici Senza Frontiere
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I combattimenti in Afghanistan sono cessati ma i bisogni della popolazione restano enormi.
Lo stiamo vedendo nei nostri ospedali che, nonostante l’instabilità del contesto e l’insicurezza, non hanno mai smesso di operare. Nei nostri cinque progetti continuiamo a ricevere pazienti rimasti feriti durante gli scontri o che, a causa degli scontri stessi, non hanno cercato l’assistenza medica di cui avevano bisogno.
Continuiamo poi con le attività che da anni portiamo avanti nel Paese: cure traumatologiche, salute materno-infantile, assistenza alla popolazione sfollata, lotta alla malnutrizione e trattamento contro la Tubercolosi.
Ad Herat forniamo assistenza ambulatoriale, cure per malattie non trasmissibili e assistenza sessuale e riproduttiva. Il numero totale dei pazienti è aumentato anche perché altre cliniche della zona hanno sospeso le loro attività. In aumento anche il numero di bambini malnutriti, il 36% in più rispetto alla settimana scorsa.
A Kunduz siamo attivi presso il Trauma Center e in questa fase stiamo vedendo due tipi di pazienti: persone che rimangono ferite in incidenti stradali o persone che sono rimaste ferite durante i combattimenti e le cui condizioni si sono aggravate nel tempo.
A Lashkar Gah arrivano negli ospedali diverse persone che non avevano cercato assistenza a causa degli intensi combattimenti in città. Nei giorni scorsi, il nostro pronto soccorso è sempre stato pieno con picchi di 800 pazienti in alcune giornate. In molti si presentano con problemi respiratori, intestinali o traumi legati ai combattimenti.
A Kandahar, anche durante il complicato periodo dei combattimenti, siamo riusciti a continuare l’assistenza ai pazienti ambulatoriali affetti da tubercolosi resistente, fornendo consulti a distanza e scorte di farmaci per evitare che dovessero attraversare il fronte per accedere alle cure.
A Khost da anni, il nostro ospedale è un punto di riferimento per le donne in gravidanza e le neomamme della zona. Lo è a maggior ragione oggi dal momento che, a causa del conflitto, alcune strutture non sono pienamente funzionanti. Il nostro reparto maternità si concentra solitamente su casi complicati, ma abbiamo deciso di ampliare i nostri criteri di ammissione per garantire un’assistenza sanitaria materna e neonatale sicura a quante più donne possibili. Riceviamo pazienti non solo dalla città di Khost ma anche dalle comunità remote che circondano la zona.
“Siamo in Afghanistan, ad Haiti e ovunque ci sia bisogno di cure mediche. Non ci siamo mai fermati, non lo faremo adesso: continueremo a garantire assistenza umanitaria e cure mediche tempestive dove c’è più bisogno”.
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